Attività realizzata grazie al contributo della Regione Toscana

Giallo Mare Minimal Teatro non ha solo una vocazione produttiva di spettacoli sia per l’infanzia che per il pubblico dei giovani e degli adulti: oltre al teatro della scuola ed ai laboratori aperti alla libera utenza di ugni fascia d’età, fra le sue attività spicca anche una dimensione importante di teatro sociale e civile. In questo ambito il Teatro-Carcere rappresenta senz’altro una parte importante, molto radicata nella storia della compagnia, e che incarna l’idea di promuovere una diffusa cultura del teatro a partire dalle realtà che sono intorno a noi, a cominciare da quelle meno fortunate o più legate ad una dimensione marginale. Il nostro “fare teatro” contiene una innegabile potenzialità di azione civile, che nel contesto del carcere si esplica attraverso le sue componenti di possibilità di apertura sociale, attraverso una forma d’arte.

TEATROCARCERE: UNA LUNGA STORIA

DAL 1998 CON LE DONNE DETENUTE PRESSO LA CASA CIRCONDARIALE FEMMINILE DI EMPOLI
Abbiamo realizzato progetti teatrali con la Casa Circondariale Femminile di Empoli a partire dal 1998 fino alla chiusura del carcere empolese, avvenuta nel 2016.
Nel corso degli anni, alcuni degli spettacoli realizzati con le detenute sono stati inseriti e presentati alla cittadinanza nei cartelloni dei teatri del territorio proposti dalla nostra compagnia per conto dei Comuni di Empoli, Castelfiorentino, e del Circuito Teatrale Regionale. Oppure, come nel caso della Manifestazione “Estate al Fresco” – serie di incontri ed iniziative aperte alla cittadinanza nell’area verde del carcere – gli spettacoli realizzati con le detenute sono diventati il centro di un’estate culturale fatta nel carcere ma aperta e frequentata da chi sta fuori.
Fin dall’inizio della nostra esperienza di Teatro Carcere abbiamo operato per creare un cortocircuito positivo fra il mondo carcerario e quello esterno, con l’obiettivo di aprire una comunicazione tra la città e il carcere attraverso la produzione di spettacoli, favorendo con ogni mezzo la partecipazione del pubblico esterno.

Dal 2017 con le donne detenute nella SEZIONE FEMMINILE DELLA CASA CIRCONDARIALE DI SOLLICCIANO. (Firenze)
Si tratta di una sezione, quella femminile del carcere di Sollicciano, che da molti anni non aveva avuto modo di promuovere l’attività teatrale con le donne. Da molti anni le donne detenute a Firenze non avevano modo di svolgere questa attività che orami a tutti i livelli viene riconosciuta come molto rilevante per il loro percorso di ricostruzione delle abilità sociali e personali delle persone detenute. Il nostro sforzo è stato teso a cominciare a ricostruire un percorso con le donne recluse. La prima tappa è stata un nuovo laboratorio di teatro nel 2017 e nel mese di febbraio 2018 abbiamo presentato una nuova versione di “Carmen, il canto della libertà”, che vedeva coinvolte sulla scena alcune detenute di Sollicciano insieme ad alcuni professionisti e non professionisti che avevano in precedenza collaborato con l’ allestimento della stessa opera presentata nel carcere femminile di Empoli. Abbiamo proseguito il nostro lavoro di Teatro in Carcere e dal settembre 2018 abbiamo ricominciato con il laboratorio teatrale che ci ha portato nell’aprile 2019 a presentare presso il Teatro di Sollicciano una anteprima dello spettacolo “Fra quattro mura”. Nel novembre 2019 l’anteprima è diventata uno spettacolo a tutti gli effetti, aperto al pubblico, con molta soddisfazione sia da parte di chi lo ha visto che di chi lo ha fatto. E’ in corso d’opera, in un 2020 assai accidentato per le attività teatrali, un nuovo laboratorio di teatro che prevede una libera rilettura in chiave femminile del “Don Giovanni”.

Dal 2020 con L’ALTA SICUREZZA DELLA CASA CIRCONDARIALE DI LIVORNO
Abbiamo avviato anche un progetto di Teatro-Carcere con la Casa Circondariale “Le Sughere” di Livorno, con i detenuti dell’Alta Sicurezza. L’ottica di intervento e la metodologia è la medesima adottata nelle altre carceri in cui operiamo; un laboratorio dove abbiamo messo al centro del lavoro un grande classico che racconta dell’uomo escluso, lasciato, reietto: “Filottete” di Sofocle. Il lavoro nell’anno del Covid procede giocoforza un po’ a singhiozzo, ma la pietrosa isola di Filottete, luogo isolato e d’abbandono in cui è facile riconoscere il luogo-carcere continuerà ad essere il nostro terreno di esplorazione teatrale.

IL METODO

Una tipicità di questa esperienza è l’utilizzo di un metodo di lavoro che centra sul FARE LABORATORIO il proprio processo di intervento teatrale con il Carcere. E’ una scelta di intervento precisa, dove il prodotto finale – lo spettacolo per intenderci – non esclude l’importanza del processo di avvicinamento e costruzione dello stesso.
Un laboratorio teatrale è un insieme di esperienze. E’ un momento in cui, fuori dalla logica produttiva, si può scendere in profondità e permettersi di provare, sbagliare e conoscere. Il punto di partenza è il corpo, inteso come strumento di creazione, ed il gruppo. L’ascolto è il primo obiettivo per aprire le porte della percezione. Un ascolto attento, presente, sensibile. La mente è il traduttore, che formula e riformula l’azione creandola e ricreandola. Il gruppo è il circuito che crea i collegamenti e permette alla creazione di espandersi, di appropriarsi dello spazio in cui agire, in cui agire con consapevolezza e in cui potersi riappropriare, almeno un poco di sé.
Negli anni trascorsi a realizzare percorsi di teatro in Carcere abbiamo affrontato molti temi ( l’assenza, le mura che separano o proteggono, l’individuo in rapporto alla società, la separazione dagli affetti ) e abbiamo anche liberamente riadattato molti classici del teatro: da “Antigone” a “La Casa di Bernarda Alba” di Garcia Lorca, da “I dialoghi delle Carmelitane” di Bernanos a “Otello” di Shakespeare, da “La scuola delle mogli” di Moliére a “Casa di Bambola” di Ibsen a “Carmen” di Bizet, fino a “Don Giovanni”, l’opera su cui ci stiamo concentrando attualmente. Ogni rilettura e rivisitazione è stata fatta in un’ottica partecipativa, che non prescindesse dal contributo personale ed originale di ciascuna partecipante, sempre i testi sono stati adattati trovando una lettura che entrasse in risonanza e potesse dialogare con le detenute e con il gruppo di lavoro.

INTERAZIONE: coinvolgimento degli studenti

Abbiamo spesso coinvolto studenti delle scuole superiori e dell’Università nei percorsi dedicati al carcere, in modo da creare un terreno comune in cui i giovani potessero entrare in contatto con questa parte della società preclusa allo sguardo. L’obiettivo è quello di sensibilizzare le giovani generazioni e favorire il loro impegno verso uno sguardo di inclusione e accoglienza, nello spirito fattivo e concreto di un’arte, quella teatrale, che consente di sfumare le differenze di partenza per creare nuovi equilibri e nuova conoscenza di sé nella relazione con l’altro. Il nostro impegno a combattere lo stigma verso le fragilità sociali è continuo, e cerchiamo in ogni occasione di creare attraverso il teatro un terreno d’incontro, oltre i pregiudizi e gli stereotipi così vivi nella nostra società.

CHI SIAMO
Gli operatori che si occupano prevalentemente di Teatro-Carcere sono Maria Teresa Delogu e Rossella Parrucci, attrici e formatrici teatrali che collaborano con la compagnia stabilmente da oltre 25 anni occupandosi anche di Teatro-Scuola, Formazione Teatrale, Teatro Sociale e del Disagio, Teatro di Comunità e progetti variamente articolati finalizzati alla conoscenza e diffusione della cultura teatrale.